Ripercorrere a ritroso la mia esperienza in comunità è un viaggio che mi smuove un numero di sensazioni ed emozioni infinite. Sì, perché per raccontarlo è proprio a tutto quello che ho provato che mi affiderò e non alle situazioni pratiche e concrete che ho vissuto.
Prima di entrare avevo molta paura, non potevo immaginare quello che mi avrebbe aspettato. Ero consapevole solo che ne avevo bisogno e che avrei dovuto affidarmi totalmente.
Tutte le persone che mi volevano bene mi ripetevano che mi stavo facendo il più bel regalo della mia vita.
Alla fine del mio percorso devo ammettere che è stato decisamente molto di più.
Durante la permanenza ho avuto la grande opportunità di fermarmi, di staccare per un periodo da tutto quello che là fuori mi impediva di riprendermi. L’ho potuto fare con la potente forza di un gruppo di compagni, pronti in ogni momento a incoraggiarti e a prenderti per mano. Sì, in comunità il vero miracolo è proprio il senso di appartenenza, il poter essere sé stessi senza paura di essere giudicati.
Ora che sono tornato alla vita esterna ne sento la mancanza ma dentro di me sono altrettanto consapevole che quel legame non si scioglierà mai.
Ovviamente l’equipe che mi ha accompagnato in questo viaggio è stata la chiave per aprirmi e per potermi leggere dentro.
Non per ultimi, in particolare per me, il gruppo di volontari che ogni giorno si dona per aiutarci e per farci sentire in una grande famiglia, rendono i momenti più duri meno faticosi.
Concludo dicendo che per me chiamarla “esperienza comunitaria” è molto riduttivo, preferirei darle il nome di “scuola di vita”.
Ancora un grazie infinito.
Andrea
